Il mondo di Mario Esposito è un gioco di immaginazione continua, che mette alla prova il nostro senso creativo, stimolandone di volta in volta le capacità di associazione, introspezione, condivisione. C’è, nella volontà dell’artista, la capacità del narratore che, originando un mondo irreale e suggestivo, conduce sulle porte del sogno per poi lasciare liberi gli osservatori di decidere quale sia la direzione da scegliere al bivio. È così che nascono i suoi Piccolini, frammenti di storie vissute o immaginate, tessere da ricomporre in base alla propria esperienza emotiva. Cresciuto a stretto contatto con gli ambienti romani legati all’astrattismo geometrico prima e alla fase più intimistica della pop art italiana poi, Mario Esposito riverbera nella propria ricerca formale la lezione teatrale del più fine Perilli segnico, di cui amplifica la plasticità mediante la scomposizione in formelle narrative, puntuali e delicate. Architetture e figurazioni, rigorose e surreali al contempo, danno volto a un’indagine strutturale che si realizza nel concetto della variazione sul tema, sua più diretta e riconosciuta cifra stilistica: l’assoluta ricchezza esecutiva è indotta dalla passione e dallo studio attento della storia dell’arte a lui più prossima, laddove ancora l’influenza della scuola romana si faccia promotrice di intime riflessioni sulle stagioni dell’esistenza e sui cambiamenti che questa comporta. A queste, Esposito unisce inoltre un’attenzione familiare a certe materie plastiche e acriliche assolutamente contemporanee, segno evolutivo e tangibile di un passaggio di consegne da una pittura storicizzata a una di più coevo riscontro: gli aggetti pittorici, ormai assimilati a moderne qualità di smalto visive e tattili, modificano lo spazio vitale dell’opera e ne movimentano la composizione a vantaggio di una loro più completa percezione. L’operare mette in luce le vere intenzioni dell’artista: nel permettere al fruitore di intervenire direttamente sulla composizione dell’opera Esposito riconosce all’arte la capacità di permettere alle persone di entrare in relazione. Se, come sosteneva Heidegger, il senso dell’essere nel mondo dell’uomo è il prendersi cura, l’arte di Mario Esposito trattiene, in tratti delicati e leggeri, il profondo significato della vita.