“Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è infinito”
W. Blake
Davanti alle opere di Raffaella Maron si ha l’impressione di trovarsi di fronte all’infinito racchiuso in una porzione delimitata di spazio, celato da una delicata sperimentazione formale che genera una forma non forma, che sembra destinata a un incessante mutamento. Complesse rappresentazioni manifestano attraverso un linguaggio criptico le tematiche principali sondate dall’artista: l’origine dell’uomo e l’origine dell’arte. La volontà e l’urgenza di indagare i primordi dell’arte attraverso la genesi dell’uomo si esprimono attraverso una sintesi simbolica, in una tensione metafisica che suggerisce una tormentata e incessante ricerca artistica e personale. Nelle opere della Maron il passato dialoga con il futuro, in una tessitura simile alla relazione esistente tra le stelle di una costellazione, in una circolazione continua e non percettibile superficialmente. Tra gli equilibri stilistici si rintraccia una sorta di ciclicità, che suggerisce la percezione eterna di un istante presente. Il calendario formale elaborato dall’artista indica un particolare momento, in cui infiniti spazi e infiniti momenti convivono all’interno di una cosmogonia artistica espressa dalla materia scultorea. Volere e tentare di cogliere l’attimo della creazione nello stesso istante in cui si rivela, contemplandolo nella sua essenza, costituisce il fulcro delle tensioni dell’artista, tesa a percepirne la verità e a cristallizzarne i particolari nel momento presente. La plasticità arcaica del lavoro scultoreo è carica di energia pulsante che permette la connessione con un’antica memoria, in cui una forza creatrice suprema diede origine all’universo. Nello spazio creato e sacralizzato dall’artista, i limiti imposti dalla materia sembrano doversi dissolvere, sembra necessario l’annullamento delle barriere tra l’uomo e l’infinito, tra ciò che si conosce e ciò che risulta ignoto. La ricerca di armonia è svolta attraverso la realizzazione di opere evocative, non prive di senso poetico, le cui ricercate proporzioni sembrano sottolineare l’intensità della dialettica spirituale dell’artista con la materia. La risoluzione formale dona alle opere un’essenzialità rigorosa, che permette un immediato sentire e genera un’emozione che conduce a una presa di coscienza: la visione oggettiva e quella immaginativa si fondono per ricondurre al vero senso dell’arte, permettendo all’osservatore di provare la sensazione descritta da Blake, e di saper “tenere l’infinito nel palmo della mano e l’eternità in un’ora”.
“Sempre era ciò che era e sempre sarà.
Perché se fosse stato, sarebbe necessario che prima di nascere fosse nulla.
Ma se era nulla, dal nulla non sarebbe potuto nascere nulla in alcun modo”
Melisso di Samo