Nelle città senza mare, chissà a cosa si rivolge la gente per ritrovare il proprio equilibrio?
(B. Yoshimoto)
Il dialogo interiore richiede una dimensione privilegiata che spesso, per l’artista, coincide con il momento creativo; un tempo di piena solitudine, carico di tensione espressiva. Nella pittura di Monica Cecchin il silenzio ha un valore fondamentale: la quiete le permette di concentrarsi sui dettagli, di scindere il tempo in attimi e l’immagine in fotogrammi da trasformare in pittura, con un gesto energico avido di rinascita. La riva del mare, soggetto privilegiato dall’artista, ricongiunge con un universo che parla direttamente all’anima, diviene simbolo di un luogo ove ritrovare le radici di un’identità modificata dagli urti della vita. Lì le onde modificano la spiaggia, il vento muove i contorni, la sabbia scorre tra le dita, il tempo trova la sua più profonda dimensione, tutto invita alla comprensione dei ritmi naturali che governano il mondo. Nell’attesa, i significati si rivelano, e l’artista dimostra di saper attendere. È una ricerca di equilibrio, quella della Cecchin, che seziona il proprio vissuto e il proprio animo per ritracciarne l’immobile centro, è un ripercorrere la memoria seguendo il filo sottile del sentimento per ritrovarsi nel fulcro di un labirinto ove alberghi uno specchio, è la ricerca di un istante che valga una vita intera. Le opere dell’artista compongono una sorta di autobiografia visiva, in cui istanti di memoria fotografica vengono ripresi e rielaborati per rimandare alle sensazioni che hanno evocato da principio. Frammenti ricomposti di un’esistenza rivista alla luce di un tempo diverso compongono una nuova sintesi pregna di significati, che rivela un poetico punto di vista sul mondo. Le immagini, scattate e successivamente selezionate, scisse, ricomposte in una nuova identità, racchiudono un immaginario che genera opere di squisita sensibilità. Il lirismo estetico sposa un gesto spontaneo e istintivo, eco lontana di un espressionismo astratto di matrice contemplativa. La visione del paesaggio esteriore sfuma in quella interiore, estendendo i propri confini e risolvendo in colore le emozioni primarie suscitate dalla sua percezione. La fotografia diviene escamotage narrativo, che evoca, prospetta e origina nuove possibilità: la vita può cambiare, e l’arte può incoraggiare la trasformazione. Il forte richiamo all’acqua, fonte di vita, narra di una rinascita personale, che può e deve diventare incoraggiamento per chi guarda, invitato a osservare il mondo da altri punti di vista che invoglino a una crescita spirituale ed emotiva: c’è un tempo per ogni cosa, e Monica Cecchin ci invita a prenderne piena coscienza.